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Ignoto Sordello da Goito (recto); Cunizza da Romano (verso) Secolo XV Miniatura su pergamena Mm. 180x108. Inv. 568 |
In una nota manoscritta allegata alla miniatura si legge che la pergamena proviene da un codice "che si crede in Roma". Sul recto, entro un padiglione di tessuto blu punteggiato di bianco, assiso su un cuscino rosso posto sopra un sedile di legno, sta Sordello, in atto di suonare il liuto. Il poeta indossa una maglia bianca e una sopravveste verde orlata di frangia e provvista di cappuccio. Due pesci grigi s'incurvano al di sopra del giullare, ed altrettanti al di sotto di lui, a formare la lettera iniziale del suo nome. una spada congiunge le fauci spalancate del primo e del terzo pesce, una mazza ferrata quelle del secondo e del quarto. Due festoni di pesci sporgono dalle bocche del secondo e del terzo pesce e vanno a lambire l'un lato e l'altro del cuscino su cui è seduto il cantore, completando così la lettera S. Sui lambrecchini appuntati in cima all'elmo che sovrasta la raffigurazione, è scritto il distico di settenari:
MARTE ET AMOR SVN ELO,
CHI POTE STAR SVR D'ELO
Nella parte inferiore della miniatura il primo settenario è illustrato dalle figure di Cupido bendato, ai cui piedi è un agnello (simbolo della mansuetudine dell'amore), e di Marte, guerriero loricato, armato di lancia e spada, accanto al quale posa un leone (emblema di virtù militare). Le quattro figure affiancano un medaglione in cui è raffigurato un castello turrito sovrastato da un profilo virile, incappucciato come il sovrastante giullare: dovrebbe essere un altro ritratto di Sordello che, secondo la sua maggiore Vida provenzale, "fu del Mantovano, di un castello che ha nome Goito, nobile castellano". Poiché la figura è posta fra le lettere S e, forse, G, che in tal caso potrebbe essere iniziale di Goito o Goitese. Nel medesimo medaglione, dal lato di Cupido, un liuto preceduto dalla lettera V (presumibile iniziale di Venere) e, dal lato del guerriero, una spada seguita dalla lettera M (verosimile iniziale di Marte) sottolineano gli aspetti peculiari della personalità di Sordello, che fu buon cantore, buon trovatore e grande amatore nonché prode uomo d'arme, carattere quest'ultimo che tuttavia appartiene piuttosto al "mito" che presto si formò attorno al suo personaggio. Sul verso, entro una C gotica, siede Cunizza da Romano, con una coroncina sul capo, un sulla mano destra e uno scettro (con fiore in cima?) nella sinistra. La celebre sorella di Ezzelino veste di rosso e di verde, rispettivamente colori dell'amore e della speranza. Nella larghezza della lettera si leggono i seguenti settenari:
SE VENERE SVR D'ISSA
CHI POTE STAR CVN ISSA
Al di sotto di Cunizza, nella parte inferiore della pergamena, distesa in drappo d'oro sollevato da un putto, è raffigurata una donna ignuda, con il braccio destro piegato al di sopra del capo e il sinistro disteso lungo il corpo: Venere, il suo nume tutelare, per cui nessun'altra donna può competere con lei. Ci pare che le due miniature costituiscano un curioso compendio della vicenda umana e letteraria di Sordello e, insieme, del suo "mito". E sostanziali ci sembrano in tal senso i quattro surriportati versi, sorprendenti nell'invenzione dell'efficace scambio chiastico delle preposizioni cun e ur:
... cun elo ... sur d'issa
... sur d'elo ... cun issa
e nel sapiente gioco dei pronomi individuati in Sur-d-elo e in Cun-issa. Se dunque Marte e Amore erano con Sordello, chi sarebbe mai potuto stare al di sopra di lui? La maggiore Vida provenzale lo dice "avvenente" ed egli si gloriava d'essere un implacabile tombeur de femmes, mogli di questo o di quel signore presso i quali soggiornava, per cui s'era meritato la fama di gran traditore e di falso verso quelle e quelli. Egli non si meravigliava dunque che i mariti fossero gelosi di lui: nessuna era infatti in grado di difendersi dalle sue dolci, insinuanti e avvolgenti suppliche d'amore. Sordello rapì Cunizza, sorella di Ezzelino, al legittimo sposo, Rizzardo di San Bonifacio, signore di Verona. I due si sarebbero anche amati. Sordello sposò successivamente in gran segreto Otta di Strasso, per abbandonarla poco dopo. Così, braccato dagli uomini di Rizzardo e dai parenti di Otta, Sordello fu costretto a lasciare l'Italia. Fuggendo si spinse fin in Portogallo e in Spagna soggiornò alle corti di Ferdinando III, re di León e di Castiglia, e di Giacomo I d'Aragona. Trovò infine la migliore ospitalità alla corte di Raimondo Berengario IV, in Provenza. A quella stagione francese risale la sua conoscenza di Guida, figlia di Enrico I e sorella del conte Ugo IV di Rodez, maritata, pare nel 1235, a Pons, barone di Monlaur nel Vivarais. Lontano da Goito, dov'era nato intorno alla fine del XII sec. e che non avrebbe più rivisto, lontana la vita grama degli esordi, quando, figlio di cavaliere a corto di denari, squattrinato egli stesso, s'era dapprima ingaglioffito nelle taverne fra altri disperati, dadi e prostitute. Anche a lui, allora, quando, secondo Joan d'Albusson, s'era fatto giullare del marchese Azzo VII d'Este, doveva essere toccata l'"etichetta spregiativa di cavalier-joglar". Ora, in terra di Provenza, tutto era cambiato. Ora cantava cento altre dame, ma su tutte Guida. Sordello rivide l'Italia nel 1265, seguendo il suo signore Carlo I d'Angiò, che il 31 gennaio 1246, sposando l'ultima figlia di Ralmondo Berengario, era divenuto signore della Provenza. A Novara, forse per debiti di gioco, finì in carcere, da dove lo liberò un breve di rimprovero di Clemente IV a Carlo d'Angiò, che non s'era premurato di soccorrere il suddito fedele in difficoltà . Carlo I d'Angiò intervenne e investì Sordello dei diritti feudali sul castello di La Morra, nel territorio di Cuneo e, dopo la battaglia di Tagliacozzo, dei diritti dei castelli abruzzesi di Monte Odorisio, Monte San Silvestro, Paglieta e Pila in cambio di quelli di Palena e di Ginestra. Dopo il 1269 il nome di Sordello scompare dai documenti.
Rodolfo Signorini